venerdì 11 novembre 2016

Nudi al mondo

Tutti noi, penso, abbiamo bisogno di una musa, per fare arte della propria vita. Non mi riferisco espressamente alle figlie di Mnemosine, né ad un soggetto femminile, né ad un soggetto. Una musa può anche essere una idea.
A ben vedere, se consideriamo Beatrice e Silvia, rispettivamente per Dante e Leopardi, più che di donne si trattava di idee incarnate.
Vorrei sfatare un mito, prima di proseguire: la musa, per come è stata definita qui sopra, non è una esclusiva di artisti o creativi in genere (termini abusati, che uso solo per semplicità), ma riguarda ogni singola persona che sceglie di intraprendere un cammino. Se penso a Robespierre, immagino che la sua musa fosse la giustizia.
Proprio partendo dall'incorruttibile, personaggio controverso e interessante, su cui hanno detto peste e corna, ma temo sia solo la classica vittima dei posteri, introdurrei il volto oscuro della musa: l'ossessione.
Musa e ossessione, le si possono definire le due facce del demone socratico. Due aspetti propulsivi della crescita personale, il motore della creazione, una in positivo, l'altra in negativo. Essenze diverse dalle "sovrintendenti" del Parnaso, più simili a forze naturali come Eros, che alcuni miti vogliono figlio di Afrodite, l'amore, la bellezza e la passione e Ares (da non confondersi col Marte romano, divinità ben diversa, sebbene siano ormai confuse tra loro), la forza irrazionale, la brama. Tutti e tre forze della natura, che solo successivamente diventarono figli di Zeus e presero un posto preciso sull'Olimpo (ad esempio, Afrodite nei miti più antichi nasce per partenogenesi dal fallo evirato di Urano).
Francamente, la passione che rende ciechi e, sebbene ammantata di buoni propositi, non porta a nulla di costruttivo, creando solo il deserto, non mi appartiene. Sono troppo pigro e svogliato per vivere una ossessione. In compenso ho avuto più muse, nei vari periodi del mio transito terreno.
Un tempo non le riconoscevo come tali, poi, maturando, ho imparato a riconoscere chi mi dona la spinta propulsiva (sovente sono persone, altre volte i miei demoni positivi, ma questi hanno già un lavoro a tempo pieno nel contrastare gli altri). Ciò che conta è non rendere partecipe una musa del suo status, perché si romperebbe l'incantesimo. L'ispirato perderebbe l'intimità dell'ispirazione e l'ispiratrice potrebbe cambiare atteggiamento, rovinando tutto. Sono già complessi i rapporti umani, anche quelli vivi e sinceri, perché gravarli di altre questioni, ottime solo ad attivare dinamiche potenzialmente dannose?
In questo, non capisco chi vuole la musa per sé. Le mie muse migliori sono sempre state amiche, con cui condividere esperienze piene e sincere (una sola volta fu trombamica), in totale libertà, senza le inutili sovrastrutture del rapporto di coppia. Solo una volta ho fatto coppia con una musa e fu un periodo stupendo, finito per varie questioni, ma ancora si è in ottimi rapporti, ma funzionava perché prima di essere amanti si era amici, quindi un rapporto paritario, sincero (salvo omettere che scrivevo, disegnavo e creavo, pensando a lei) e ben vissuto; purtroppo sono uno che tende a cadere in depressione e non mi piace portarmi dietro altri.
Dovrebbero essere tutte così le storie, tranne il finale. Stare insieme per il gusto della reciproca presenza, liberi di dire tutto e vivere tutto in pieno, purtroppo siamo schiacciati dalle sovrastrutture che ci avvelenano la vita è rendono difficile ogni tipo di rapporto. Talvolta si preferisce l'amicizia, per godere di un rapporto sincero e costruttivo.
Io che normalmente sono schivo, al limite dell'asocialità, tendo ad avvicinarmi solo a chi stimola veramente la mia curiosità, trascurando il proverbiale e poco edificante "una botta e via", perché normalmente stimola anche la mia creatività, purtroppo riuscire a parlare di qualcosa che non sia nulla o solo scalfire l'armatura che abbiamo addosso è sempre più complicato. Speravo che andando avanti, maturando, certe cazzate svanissero, invece la maturità porta solo corazze più spesse.
Penso che il solo modo per vivere degnamente il tribolante transito terreno, sarebbe spogliarsi di queste difese velenose, che proteggono, ma costringono, chiudendoci al piacere di una vita limpida, del godimento del rapporto, qualunque sia (anche essere amici è un casino di questi tempi) e di una piena creatività.
La società (comunque una bella cosa in un mondo di lupi), il voler apparire per appartenere a questo o quel gruppo, la paura insita in ognuno di noi e le tonnellate di cazzate che ci spacciano per priorità hanno portato ad uno stato di coma quel che ci renderebbe umani migliori.
Non so se sia più possibile sperare in un mondo nudo. Non so se sia più possibile sperare in un atto creativo puro e potente, che contrasti con la produzione autoreferenziale che ci circonda, legata anch'essa a schemi indotti e, troppo spesso, alla volontà di apparire e darsi etichette.

Marco Drvso

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